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Pubblicato sul sito www.7giorni.info

Egregio Avvocato,
sono titolare di una ditta che si occupa di installazione e manutenzione di impianti idraulici. La ditta ha assunto con contratto a tempo indeterminato due operai. In occasione di un appalto importante, ho inserito nello staff anche un altro collaboratore, con il quale però è stato concordato un contratto di collaborazione a progetto di sei mesi, successivamente proseguito per altri sei mesi perchè i lavori appaltati sono continuati. Al termine dei lavori dell’appalto importante è cessata anche la collaborazione con l’operaio che aveva firmato il contratto a progetto perchè non avevo più bisogno del suo aiuto. Circa una decina di giorni fa l’operaio mi ha inviato una lettera nella quale sostiene che non esisteva un progetto e che quindi lui è sempre stato dall’inizio mio dipendente a tempo indeterminato. È vero quanto sostiene l’operaio? Sono davvero costretto ad assumere alle mie dipendenze questa persona? Cosa rischio anche dal punto di vista economico?
Mario

Gentile Signor Mario,
mi è gradita l’occasione di prestare riscontro alla Sua gentile domanda per presentare a Lei e a tutti i lettori di 7giorni una collaboratrice del mio studio, che mi ha affiancato nell’esaminare quanto da Lei esposto. Si tratta dell’avv. Ilaria Donini specializzata in materie giuslavoristiche e in merito alle cui competenze potrà leggere nel dettaglio accedendo al sito web dello studio www.studiolegalelucente.it.

Per quanto concerne la vicenda da Lei riferita e attinente la richiesta di un ex collaboratore a progetto di essere assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato sin dall’origine del rapporto lavorativo, Le segnalo che per valutare se sussiste in concreto tale rischio è necessario analizzare la questione sotto due profili. La genuinità del contratto di lavoro a progetto stipulato con il collaboratore, infatti, dovrà essere presa in esame sia dal punto di vista formale (esistenza dei requisiti richiesti dalla Legge per la validità del contratto a progetto), sia sotto il profilo sostanziale (modalità concrete di svolgimento del rapporto).

Innanzitutto è bene chiarire che nel nostro ordinamento il contratto di lavoro individuale di natura subordinata a tempo pieno e indeterminato, in virtù del quale sorge il rapporto di lavoro, costituisce la regola. Il legislatore permette di ricorrere ad altre tipologie contrattuali solo in ipotesi tassative e in presenza di determinati requisiti. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto rappresenta un rapporto di tipo parasubordinato, ossia non riconducibile né al lavoro dipendente né al lavoro autonomo, ed è disciplinato dagli artt. 61-69 del D.Lgs 276/2003 c.d. Legge Biagi. Dopo l’entrata in vigore della citata Legge, il Ministero Del Lavoro ha poi provveduto con una serie di Circolari n. 1/2004, n. 17/2006 e n. 4/2008 a fornire indicazioni in ordine alla disciplina sostanziale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.

La tipologia contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative anche nella modalità a progetto si caratterizza perché consente al committente (quindi in questo caso alla Sua azienda) di instaurare un rapporto di lavoro nel quale il collaboratore si impegna a compiere un’opera o un servizio determinati, in coordinamento con l’organizzazione aziendale del committente stesso e secondo le istruzioni di massima ricevute da quest’ultimo. Il contratto ha una durata funzionale alla realizzazione del risultato richiesto. La scelta delle modalità di adempimento della prestazione spetta al collaboratore che opera in autonomia in funzione del risultato da raggiungere. Oggetto della collaborazione può essere sia una attività di natura intellettuale sia una attività di tipo manuale (come – presumo – nel caso che La riguarda).

Il contratto di lavoro a progetto si differenzia quindi dal lavoro dipendente (in quanto non sussiste alcun vincolo di subordinazione), dal lavoro autonomo (inteso come esercizio di una professione) e dall’attività imprenditoriale (perché manca la tipica organizzazione di mezzi). I vantaggi di questa tipologia contrattuale sono rappresentati dalla flessibilità, dal recesso senza obbligo di preavviso e senza il vincolo del lavoro subordinato e dal minor onere contributivo; il vincolo è invece rappresentato dalla circostanza che la collaborazione deve essere ricondotta ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di essi, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione aziendale del committente.

Dunque, dal punto di vista formale, per aversi un contratto a progetto valido e conforme ai dettami di cui al d.lgs. 276/2003, lo stesso deve essere stipulato per iscritto, deve indicare la durata, il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione e deve contenere l’individuazione e la descrizione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fasi di esso. Il progetto deve essere individuato nel suo contenuto caratterizzante e illustrato per iscritto. Inoltre nel contratto a progetto devono essere indicati i tempi e le modalità di pagamento del corrispettivo, la disciplina dei rimborsi spese, le modalità di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione temporale, le eventuali misure per la tutela della salute e la sicurezza.

Mancando una adeguata individuazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso, o di altri elementi idonei, ne deriva che il rapporto instaurato tra le parti deve considerarsi (e cioè, più propriamente, deve presumersi) subordinato: la collaborazione si presume lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto. Tuttavia tale presunzione prevista dall’art. 69 del d.lgs. 276/2003 è relativa e non assoluta. Ciò significa che, pur mancando il progetto, la conversione in rapporto di lavoro subordinato non opera automaticamente, dovendosi consentire al committente la prova contraria, avente ad oggetto la dimostrazione dell’autonomia della collaborazione. In mancanza del progetto si determina lo spostamento a carico del committente dell’onere di provare che il rapporto di lavoro si è svolto con modalità proprie del lavoro parasubordinato.

Dunque nel caso che ci occupa, nell’ipotesi in cui il contratto da Lei stipulato con l’ex collaboratore non presentasse dal punto di vista formale i requisiti richiesti dalla Legge, Lei dovrà dimostrare che comunque le modalità concrete di svolgimento del rapporto instaurato con l’ex collaboratore presentano gli elementi di autonomia tipici delle collaborazioni coordinate e continuative. In particolare, Lei dovrà dimostrare che l’attività fornita dall’ex collaboratore era legata ad un risultato finale predeterminato che ne delimitava l’ambito di svolgimento; che l’ex collaboratore era indipendente e non era soggetto al suo potere gerarchico e disciplinare perché non era inserito organicamente nel contesto aziendale (ad es. non era tenuto ad osservare un determinato orario di lavoro, aveva la massima libertà di muoversi, organizzarsi, stabilire le sue modalità e tempistiche di lavoro in piena autonomia privo di controllo, con il solo necessario dovere di coordinarsi con l’attività della azienda). Lei dovrà provare che non impartiva ordini e direttive all’ex collaboratore, ma aveva fornito allo stesso solo delle direttive di massima, dovrà dimostrare di essersi avvalso dell’attività del collaboratore esclusivamente per ottenere il risultato finale concordato e di non averlo utilizzato per molteplici generiche attività estranee al risultato finale, nonché di aver concordato un corrispettivo fisso e non legato al numero di ore lavorate.

Nel caso in cui Lei non riuscisse a dimostrare che la collaborazione si è svolta con i caratteri di autonomia richiesti dalla Legge, il contratto di lavoro a progetto da Lei stipulato con il collaboratore si trasformerebbe sin dall’inizio in contratto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti. Dal punto di vista economico le conseguenze della riqualificazione del rapporto comporterebbero anche la riqualificazione dei compensi erogati al collaboratore come “retribuzione” e farebbero sorgere in capo al collaboratore, nel caso in cui il compenso di fatto percepito sia inferiore al minimo tabellare del CCNL di riferimento per la relativa categoria di inquadramento, il diritto a percepire eventuali differenze retributive. Inoltre il lavoratore avrebbe diritto alla regolarizzazione della propria posizione contributiva, infatti a seguito della riqualificazione Lei sarebbe tenuto a versare all’INPS la contribuzione sociale nella misura dovuta per il lavoro subordinato. A tali somme vanno aggiunte le sanzioni per evasione contributiva, calcolate sulla base dell’ammontare dei contributi omessi. La contribuzione va versata, anche per la quota parte del lavoratore, dal datore di lavoro, senza diritto a trattenere tale quota. Se il rapporto riqualificato è ormai cessato, come nel caso del Suo ex collaboratore, vi sono ulteriori conseguenze: il lavoratore avrà diritto al TFR e alle altre spettanze di fine rapporto. Il recesso del committente deve obbedire a tutti i requisiti formali e sostanziali prescritti dalla legge per i lavoratori subordinati e, dunque, se non è sorretto da giusta causa, il lavoratore avrà diritto, ad esempio alla indennità di preavviso e, in caso di recesso illegittimo, alla tutela obbligatoria (in quanto la Sua azienda occupa meno di 15 dipendenti). In forza di quanto disposto dall’art. 50 della Legge 183/2010 Lei potrebbe evitare di subire le pesanti conseguenze della riqualificazione e sarebbe tenuto ad indennizzare il lavoratore con un’indennità di importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione, solo se offrisse al collaboratore l’assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte nel rapporto di lavoro precedentemente in essere.

Infine, nella Sua lettera, Lei fa anche riferimento ad una proroga di ulteriori sei mesi del contratto a progetto inizialmente stipulato con l’ex collaboratore. A tale riguardo Le segnalo che quando il termine indicato nel contratto per la realizzazione del progetto si rivela insufficiente, e perdura l’interesse del committente alla realizzazione del progetto stesso, è possibile prorogare, con il consenso di entrambe le parti, la durata del contratto. È possibile inoltre stipulare con lo stesso collaboratore contratti di lavoro successivi, aventi per oggetto un progetto o un programma di lavoro, con contenuto analogo o del tutto diverso. Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore non devono costituire strumenti elusivi della disciplina prevista dagli artt. 61-69 del D.Lgs 276/2003, ciò significa che ciascun lavoro a progetto, autonomamente considerato, deve presentare i requisiti prescritti.

Ciò premesso, Signor Mario, nel caso che ha prospettato, sarà necessario accertare se il contratto a progetto stipulato con l’ex collaboratore e la successiva proroga presentano i requisiti prescritti dalla Legge, nonché sarà necessario verificare se il rapporto instaurato è genuino dal punto di vista sostanziale. In caso affermativo l’ex collaboratore non potrà senz’altro rivendicare la natura subordinata del rapporto ab origine.