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Pubblicato sul sito www.7giorni.info

Buongiorno, vorrei sottoporre all’attenzione dell’Avvocato un fatto accaduto a una persona anziana che conosco. Mentre si recava a Messa fra le 18/18:30 di una giornata piovosa, finiva in una buca della pavimentazione della piazza in sanpietrini ricoperta d’acqua e cadendo si rompeva la caviglia. Ha fatto una denuncia al Comune. Poichè è passato del tempo, chiedo cosa bisogna fare per ottenere il risarcimento danni. La ringrazio anticipatamente per la risposta.

Daniela (Milano – quartiere Forlanini)

Gentile Signora,
La cornice in cui si potrebbe inquadrare l’episodio che mi ha descritto è quella della c.d. “insidia stradale”, riconducibile nell’alveo dell’art. 2051 del Codice Civile in base alla quale la Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni determinati da un’anomalia dei beni di cui detiene la custodia, categoria in cui rientrano anche le buche e i dissestamenti delle strade e piazze demaniali.
Un tipo di responsabilità, in astratto, di carattere oggettivo, che l’Ente potrebbe superare solo dimostrando il c.d. “caso fortuito”, e cioè un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, autonomo, imprevedibile ed eccezionale.
Sarebbe, tuttavia, errato trarre da ciò la conclusione che qualsiasi caduta in mezzo alla pubblica via legittimi, automaticamente, un risarcimento del danno.
L’ampia e variegata giurisprudenza che, nel tempo, si è venuta formando su questo tema, infatti, è praticamente unanime nel ritenere che perché si possa effettivamente parlare di “insidia” – e, così, ottenere un risarcimento – è necessario dimostrare non solo che il danno si è verificato proprio a causa dell’anomalia, ma anche che essa non era prevedibile né visibile, e integrava, quindi, una situazione di pericolo occulto (da ultimo, Cassazione civile, 13 luglio 2011 n. 15375) non superabile con l’ordinaria attenzione.
In particolar modo nelle pronunce più recenti, la Suprema Corte è diventata sempre più severa sul punto, sottolineando chiaramente la necessità che il Giudice valuti adeguatamente la condotta tenuta dal danneggiato per apprezzare l’influenza che la “colpa” dello stesso (se vi è stata)  abbia spiegato nella vicenda, e arrivando con la sentenza Cassazione Civile, sezione III, 13 dicembre 2010 n. 25105, addirittura, a rigettare la domanda di risarcimento di un danneggiato che – pur a fronte di una condotta sicuramente non adeguata e diligente dell’ente pubblico,  che, nel caso di specie, aveva lasciato una grossa buca su una strada aperta al pubblico transito – non aveva prestato l’attenzione e la prudenza che era lecito attendersi e che avrebbe potuto evitare senza particolari sforzi i danni che dalla conseguente caduta sono derivati.
In tal caso, i Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto la condotta della vittima causa del danno, secondo uno schema caro ai paesi della common law per cui il concorso di colpa del danneggiato impedisce qualsiasi risarcimento (c.d. all or nothing risarcitorio).
Giova, tuttavia, rilevare, a conforto Suo e di tutti i lettori, che si tratta di una soluzione “drastica” fortunatamente non unanime e suscettibile di diverse censure, prima fra tutte l’aver violato l’art. 1227 del Codice Civile che, invece, prevede che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa” (ma non negato).
Indipendentemente dalla condotta del danneggiato non può, infatti, tacersi che il danno sia stato, in qualche modo, originato dalla condotta non diligente del custode della strada che ha lasciato sulla stessa una buca.
Per questo motivo larga parte della giurisprudenza, fra cui si annovera anche una decisione di merito pronunciata a conclusione di una causa trattata dal mio studio (Tribunale di Milano, sentenza n. 14344/2011), in ipotesi consimili di appurata “corresponsabilità”, ha invece accolto la domanda di risarcimento avanzata dalla vittima, pur riducendola di una percentuale corrispondente al concorso di colpa ritenuto dal Giudicante imputabile al danneggiato.
Venendo, quindi, nello specifico alla vicenda che ha sottoposto alla mia attenzione, la caduta è stata determinata da una buca della pavimentazione imputabile ad una non corretta manutenzione da parte del Comune che ne è responsabile.
Gli ulteriori dettagli che mi ha esposto, inoltre, e cioè la tarda ora in cui si è verificato il sinistro (presupponendo sia avvenuto durante l’ora solare quando, quindi, alle 18:00/18:30 è già buio); le caratteristiche della giornata (piovosa), nonché della pavimentazione in sanpietrini, che, per loro natura, tendono a confondere la vista; infine, la presenza dell’acqua a ricoprire la buca, concorrono a dimostrare la non visibilità e conseguente imprevedibilità della buca.
Non colgo nella sua lettera, informazioni relativamente la presenza di un’adeguata illuminazione ovvero di un cartello che segnalasse il pericolo, elementi altrettanto importanti da valutare in fattispecie di questo genere, ma da quanto leggo, comunque, mi sembrano sussistere requisiti sufficienti perché si possa parlare di un’insidia stradale, per cui bene ha fatto a denunciare il fatto al Comune quale ente pubblico competente.
Nel caso, tuttavia, non dovesse ricevere risposta una volta stabilizzate e opportunamente valutate, attraverso la perizia medico legale di uno specialista,  le conseguenze della caduta, il passo successivo sarà quello di rivolgersi ad un legale perché intraprenda un’azione innanzi al Tribunale competente, notificando un atto di citazione al Comune in persona del Suo Sindaco pro tempore al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal suo conoscente.
Gentile Signora,
La cornice in cui si potrebbe inquadrare l’episodio che mi ha descritto è quella della c.d. “insidia stradale”, riconducibile nell’alveo dell’art. 2051 del Codice Civile in base alla quale la Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni determinati da un’anomalia dei beni di cui detiene la custodia, categoria in cui rientrano anche le buche e i dissestamenti delle strade e piazze demaniali.
Un tipo di responsabilità, in astratto, di carattere oggettivo, che l’Ente potrebbe superare solo dimostrando il c.d. “caso fortuito”, e cioè un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, autonomo, imprevedibile ed eccezionale.
Sarebbe, tuttavia, errato trarre da ciò la conclusione che qualsiasi caduta in mezzo alla pubblica via legittimi, automaticamente, un risarcimento del danno.
L’ampia e variegata giurisprudenza che, nel tempo, si è venuta formando su questo tema, infatti, è praticamente unanime nel ritenere che perché si possa effettivamente parlare di “insidia” – e, così, ottenere un risarcimento – è necessario dimostrare non solo che il danno si è verificato proprio a causa dell’anomalia, ma anche che essa non era prevedibile né visibile, e integrava, quindi, una situazione di pericolo occulto (da ultimo, Cassazione civile, 13 luglio 2011 n. 15375) non superabile con l’ordinaria attenzione.
In particolar modo nelle pronunce più recenti, la Suprema Corte è diventata sempre più severa sul punto, sottolineando chiaramente la necessità che il Giudice valuti adeguatamente la condotta tenuta dal danneggiato per apprezzare l’influenza che la “colpa” dello stesso (se vi è stata)  abbia spiegato nella vicenda, e arrivando con la sentenza Cassazione Civile, sezione III, 13 dicembre 2010 n. 25105, addirittura, a rigettare la domanda di risarcimento di un danneggiato che – pur a fronte di una condotta sicuramente non adeguata e diligente dell’ente pubblico,  che, nel caso di specie, aveva lasciato una grossa buca su una strada aperta al pubblico transito – non aveva prestato l’attenzione e la prudenza che era lecito attendersi e che avrebbe potuto evitare senza particolari sforzi i danni che dalla conseguente caduta sono derivati.
In tal caso, i Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto la condotta della vittima causa del danno, secondo uno schema caro ai paesi della common law per cui il concorso di colpa del danneggiato impedisce qualsiasi risarcimento (c.d. all or nothing risarcitorio).
Giova, tuttavia, rilevare, a conforto Suo e di tutti i lettori, che si tratta di una soluzione “drastica” fortunatamente non unanime e suscettibile di diverse censure, prima fra tutte l’aver violato l’art. 1227 del Codice Civile che, invece, prevede che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa” (ma non negato).
Indipendentemente dalla condotta del danneggiato non può, infatti, tacersi che il danno sia stato, in qualche modo, originato dalla condotta non diligente del custode della strada che ha lasciato sulla stessa una buca.
Per questo motivo larga parte della giurisprudenza, fra cui si annovera anche una decisione di merito pronunciata a conclusione di una causa trattata dal mio studio (Tribunale di Milano, sentenza n. 14344/2011), in ipotesi consimili di appurata “corresponsabilità”, ha invece accolto la domanda di risarcimento avanzata dalla vittima, pur riducendola di una percentuale corrispondente al concorso di colpa ritenuto dal Giudicante imputabile al danneggiato.
Venendo, quindi, nello specifico alla vicenda che ha sottoposto alla mia attenzione, la caduta è stata determinata da una buca della pavimentazione imputabile ad una non corretta manutenzione da parte del Comune che ne è responsabile.
Gli ulteriori dettagli che mi ha esposto, inoltre, e cioè la tarda ora in cui si è verificato il sinistro (presupponendo sia avvenuto durante l’ora solare quando, quindi, alle 18:00/18:30 è già buio); le caratteristiche della giornata (piovosa), nonché della pavimentazione in sanpietrini, che, per loro natura, tendono a confondere la vista; infine, la presenza dell’acqua a ricoprire la buca, concorrono a dimostrare la non visibilità e conseguente imprevedibilità della buca.
Non colgo nella sua lettera, informazioni relativamente la presenza di un’adeguata illuminazione ovvero di un cartello che segnalasse il pericolo, elementi altrettanto importanti da valutare in fattispecie di questo genere, ma da quanto leggo, comunque, mi sembrano sussistere requisiti sufficienti perché si possa parlare di un’insidia stradale, per cui bene ha fatto a denunciare il fatto al Comune quale ente pubblico competente.
Nel caso, tuttavia, non dovesse ricevere risposta una volta stabilizzate e opportunamente valutate, attraverso la perizia medico legale di uno specialista,  le conseguenze della caduta, il passo successivo sarà quello di rivolgersi ad un legale perché intraprenda un’azione innanzi al Tribunale competente, notificando un atto di citazione al Comune in persona del Suo Sindaco pro tempore al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal suo conoscente.