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INCIDENTE STRADALE MORTALE. MASSIMALE DI POLIZZA INCAPIENTE. CONDANNA dell’Assicurazione ultra massimale per mala gestio.

Nell’anno 2009, mentre si recava a lavoro, un giovane perdeva la vita a seguito di un gravissimo incidente stradale occorso sulla Strada Vigentina in Località Pontelungo di Vidigulfo (PV), in occasione del quale, altresì, decedeva un altro soggetto trasportato sull’auto investitrice e un altro ancora riportava  gravissime lesioni.
Gli Agenti della Polizia Stradale di Pavia, intervenuti sul posto, si curavano dei soccorsi e, in particolar modo, della ricostruzione della dinamica della tragedia.
Sin dai primissimi momenti emergeva che l’autoveicolo condotto dal giovane che stava recandosi a velocità moderata sul posto di lavoro era stato violentemente colpito da altro veicolo, guidato da persona sotto l’influenza di alcol e sostanze stupefacenti, proveniente dal senso opposto di marcia che nell’intento di realizzare un improbabile sorpasso effettuava una manovra azzardata e ad elevata velocità.

La vedova, giovane madre di due figlie minori, affidava all’avv. Luigi Lucente l’incarico di occuparsi della tutela dei loro diritti gravemente pregiudicati.

Questa causa è emblematica di un sistema che non protegge compiutamente le vittime della strada, sebbene sia il processo penale che il processo civile si siano conclusi con delle sonore condanne, ma probabilmente non sufficientemente punitive a causa di evidenti storture normative.

Infatti, il conducente dell’auto investitrice ( persona ubriaca e sotto l’influenza di sostanze stupefacenti al momento del sinistro) si è reso irreperibile! E per ciò è stato condannato in contumacia e senza metterci la faccia e il portafogli in un sistema che ancora aspetta a introdurre per fattispecie di questo genere – sempre  più all’ordine del giorno- il reato di “omicidio stradale”.

Inoltre, la Compagnia assicuratrice del mezzo investitore citata in giudizio, nel costituirsi, ha eccepito, che la polizza RCA a copertura del veicolo investitore aveva massimale unico di soli € 1.500.000,00, che a seguito della notifica dell’atto di citazione che ha dato origine al procedimento era stato depositato su un conto corrente fruttifero vincolato a tutti i soggetti che avevano chiesto un risarcimento in conseguenza del sinistro di cui è causa.
Anche questa dunque una ulteriore beffa per i superstiti danneggiati, a causa di un sistema normativo lacunoso e carente che all’epoca consentiva di assicurarsi per la Responsabilità Civile Auto obbligatoria con un massimale così risibile: paghi un premio minore e ti assicuro per un massimale minore! Peccato che a farne le spese erano ( e in questo caso, sono) le vittime. Paradossalmente sarebbe stato meglio che l’investitore non avesse avuto la copertura assicurativa o non fosse stato identificato cosicché il Fondo Vittime della Strada avrebbe pagato per l’intero!!!

In ogni caso, il soggetto investitore, autore di una manovra scellerata che ha portato alla morte di due persone e una sulla sedia a rotelle, è stato condannato per omicidio colposo nel processo penale.

Nel processo civile sono state totalmente accolte le domande di risarcimento svolte nell’interesse della vedova e delle figlie minori.

Interessante in quest’ultimo procedimento l’accoglimento della domanda svolta nell’interesse della vedova e delle due figlie minori di condanna per mala gestio della Compagnia di assicurazioni e quindi di pagamento a carico della medesima e ultramassimale ( e cioè oltre € 1.500.000,00 previsto da polizza) della rivalutazione monetaria, degli interessi e delle spese legali e processuali.

La Compagnia sul punto si era difesa dicendo che aveva messo a disposizione immediatamente e  ante litem il massimale di polizza di € 1.500.000,00 e che tale offerta avrebbe dovuto avere effetto liberatorio con riguardo a capitale, interessi e spese, per cui la domanda di mala gestio andava respinta.

Nella realtà dei fatti, tuttavia, è stato provato che, dopo nove mesi dalla prima raccomandata formulata nell’interesse della giovane vedova e delle sue figliuole, e, quindi, più che trascorsi i termini di legge perché l’Assicurazione formulasse un’offerta, a fronte dell’incomprensibile indifferenza e silenzio della Compagnia, le attrici si vedevano, necessariamente, costrette ad adire – in virtù delle norme sulla competenza per valore e per territorio – l’Ufficio del Tribunale di Pavia. Finalmente, solo a distanza di quasi un anno dal sinistro e più di due mesi dalla notifica dell’atto di citazione (!!!), la Compagnia si degnava di inviare alle danneggiate – moglie e figlie del giovane investito mentre si recava a lavoro-  una raccomandata con cui le notiziava PER LA PRIMA VOLTA:
–  dell’esistenza di un massimale minimo di € 1.500.000,00;
– della presenza di ben 24 potenziali danneggiati;
– e, infine, del fatto, che solo in quel momento, l’intera somma portata dalla polizza era stata versata su un conto corrente fruttifero.

Peraltro, è stato provato che la Compagnia, avendo ricevuto sin da subito ulteriori richieste di risarcimento danni dagli altri danneggiati da questo tragico sinistro, era in condizioni di sapere dopo un mese dal fatto dannoso e, conti alla mano, che ,  il massimale era già incapiente.

In base a quanto prescritto dal’art. 140 Cod. Ass., la Compagnia aveva il dovere di attivarsi con tutti i mezzi possibili per promuovere un accordo fra i vari danneggiati, fruendo di quella posizione di imparzialità in cui versa il debitore rispetto ai destinatari del pagamento, e solo, nell’ipotesi di non accettazione da parte dei singoli danneggiati, delle quote di risarcimento determinate e valutate  in relazione ai danni subiti, l’assicuratore poteva provvedere all’offerta reale di cui all’art. 1209 c.c. (G. Franco, “Infortunistica stradale, Guida alle controversie civili”, terza edizione, Vol. II, Giuffrè Editore, pag. 2441).
Invece, nel caso di specie, la Compagnia di Assicurazione aveva, addirittura, omesso di informare le attrici dell’esistenza di un massimale incapiente e della presenza di 24 potenziali danneggiati, una circostanza che, di per sé, dimostrava come la Compagnia si fosse completamente disinteressata della gestione di questo sinistro per ricordarsene solo quando le odierne attrici le avevano fatto causa!
Non vi era dubbio, quindi, che la Compagnia convenuta, con la sua inerzia, si fosse resa inadempiente nei confronti della vedova e delle sue figlie, e, pertanto, avrebbe dovuto rispondere ultramassimale delle “maggiori somme dovute per l’accumulo di interessi, della svalutazione monetaria e delle spese processuali, imputabile al ritardo dell’assicuratore e perciò dipendenti, ai sensi dell’art. 1224 c.c., da un’autonoma causa di debito dell’assicuratore verso i danneggiati, del tutto svincolata dalla limitazione rappresentata dal massimale di polizza”.
Si confidava che l’Ecc.mo Tribunale di Pavia volesse attentamente valutare l’aspetto da ultimo trattato, in quanto se era già di per sé ingiusto che, in un sistema civile, fosse consentito che 24 danneggiati dovessero dividersi un massimale ridicolo e, quindi, accontentarsi di “briciole”, sarebbe stato oltremodo offensivo che la vedova e le sue figlie si vedessero privare degli interessi e della rivalutazione sugli interi danni, nonché gravate delle spese legali del proprio difensore che, così,  sarebbero andate a ridurre ulteriormente il loro risarcimento.

Con la sentenza del 8.5.2014 n. 657/2014  il Tribunale di Pavia, Sezione III Civile,  ha accolto la tesi difensiva esposta dall’ Avv.to Luigi Lucente in favore delle proprie assistite motivando in questi termini:
Deve essere accolta la domanda di mala gestio impropria nei confronti della [ Compagnia di assicurazioni].
Infatti è provato che [ tredici giorni dal fatto]  il legale dell’attrice inoltrava la prevista domanda di risarcimento all’assicurazione.
Essa [ sempre entro un mese dal fatto ] riceveva analoga richiesta di risarcimento da congiunti [ dell’altra persona deceduta nell’incidente].
Quindi già da quel momento – ancor prima della scadenza dei 90 giorni di cui all’art. 145 d.lvo 209/05 – l’assicurazione era a conoscenza dell’incapienza del massimale. Nonostante ciò non forniva alcuna comunicazione all’attrice se non con comunicazione … dopo la notifica dell’atto di citazione … con la quale riferiva di aver depositato l’intero massimale su un conto fruttifero a disposizione della pluralità dei danneggiati.
Posto che la mala gestio impropria si sostanzia “in un comportamento dell’assicuratore ingiustificatamente dilatorio, a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato, trascorso il termine di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22 (e, attualmente, i termini di cui al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145), alla cui scadenza l’assicuratore è da considerarsi in mora, sempreché sia stato posto in grado con la detta richiesta di determinarsi in ordine all’an e al quantum della somma dovuta a titolo di risarcimento” – Cass. 15397 del 28.6.2010- (anche n. 19919 del 18.7.2008), nel caso specifico, l’assicuratore poneva in essere un ritardo ingiustificato nel porre a disposizione dei danneggiati l’intera somma assicurata, pur sapendo sin dai primi elementi a sua disposizione la palese responsabilità nella causazione del sinistro del conducente dell’auto dal medesimo assicurata, nonché … [a due mesi dal fatto] …  la presenza di una pluralità di danneggiati e la prevedibile incapienza del massimale. Tale ritardo nella messa a disposizione dello stesso non era neppure dovuto ad un tentativo di trovare un accordo fra tutti i danneggiati, neppure tentato dalla compagnia assicuratrice.
Conseguentemente, stante l’ingiustificato ritardo nel mettere a disposizione dei danneggiati la somma, l’assicuratore dalla scadenza dei 90 giorni previsti dall’art. 145 d.lvo citato si trovava in mora essendo obbligato “oltre al limite del massimale, a titolo di responsabilità per inadempimento ex art. 1224 c.c., senza necessità, quindi, di altra prova del danno, quanto agli interessi maturati sul massimale per il tempo della mora ed al saggio degli interessi legali e, oltre questo livello, in presenza di allegazione e  prova (se del caso, mediante ricorso a presunzioni) del “maggior danno” di cui al cit. art. 1224, comma 2” – sentenza sopracitata – …
La domanda deve essere accolta solo nei confronti [ della vedova ] in proprio e come genitore delle figlie minori … [ con condanna della Compagnia ] a pagare, ultramassimale … gli interessi maturati sul massimale [ di € 1.500.000,00 ] per il periodo della mora … e a pagare, ultramassimale … le spese legali … oltre 15% per spese generali, oltre l’esborso per il contributo unificato, oltre IVA e CPA, nonché le spese di CTU e CTP”